Il dott. Gian Luca Maria Alati ci racconta una storia di generosità: “Quei meravigliosi occhi di mamma”

Abbiamo avuto il piacere di incontrare il dott. Gian Luca Maria Alati anestesista rianimatore – oggi in pensione – storico cittadino di Albignasego da oltre quarant’anni.

Già Primario ospedaliero di Anestesia-Rianimazione e Terapia del Dolore di Camposampiero, poi Responsabile Servizio Anestesia e Rianimazione e Terapia Antalgica di Euganea Medica, ha avuto modo di raccontarci una storia molto interessante successagli qualche anno fa.

Il gentilissimo dottor Alati ci ha promesso che ci concederà un’intervista in esclusiva per uno delle prossime uscite del nostro periodico.

Buona lettura

 

Matteo Venturini

 

“Era il 1992, ero Primario di Anestesia e Rianimazione con Servizio di Terapia del Dolore all’Ospedale di Camposampiero, a 20 km a nord di Padova, da nemmeno due anni.
Avevo già accettato diverse sfide professionali e dirigenziali, in un momento di trasformazione legislativa del Servizio Sanitario Nazionale, con la dipendenza/vigilanza diretta dalla Direzione Generale degli Ospedali del Ministero della Sanità, che stava cedendo competenze sugli Ospedali pian piano alle Regioni. Il Direttore da Roma, d’accordo con la Presidenza di Amministrazione di Camposampiero, soddisfatto di come in poco tempo avessi fatto una nuova e moderna Rianimazione e Terapia Intensiva, mi aveva finanziato una piazzola di emergenza x atterraggio e decollo di elicottero sanitario, allora subito realizzata e situata proprio in prossimità della Rianimazione, perchè mi ero lamentato dello stato di allora delle strade di collegamento e del traffico per le Ambulanze e trasporto urgente degli ammalati ai Centri più specialistici come Padova (NCH, Cardiochirurgia, Chirugia Plastica e Centro Ustioni etc) da dove peraltro professionalmente provenivo. 

Era un Direttore Generale del Ministero proprio speciale, un uomo di intelligenza e visione prospettica e progettuale unica: mi ha subito detto…. “bene l’elicottero, ma ti sarà utile anche per donazioni multiorgano x trapianti, visto che a Padova lo facevi già, e sei un Sirchia-Boys” … intendendo che ero uno degli Anestesisti formato e seguito dal Prof Sirchia, Direttore del Nord Italia Transplant, su organizzazione per trapianti terapeutici per l’Ospedale di Padova… solo che a Camposampiero ero arrivato da poco, nessuno dell’équipe sapeva le procedure e le norme, nessuna esperienza avevo ancora potuto condividere e trasmettere…. Ma mi aveva lanciato un segnale. 

Avevamo allora un protocollo tra Rianimazioni, funzionante via fax, per poter segnalare tra noi i posti liberi per le emergenze in un quadro del primo Servizio di Urgenza ed Emergenza Medica per i soccorsi territoriali e non. La lungimiranza del Pof Giron, cattedratico di Anestesia e Rianimazione, ci ha chiesto di segnalare allora anche i pazienti possibili donatori di organi (e tessuti) in vista anche dell’attività emergente di trapiantologia (cuore, rene, fegato in primis). I nostri fax davano in codice queste informazioni che ahimè allora erano ancora poco produttive, sia perchè pochi erano i Colleghi già formati e circondati da alone di sospetto, indifferenza sia anche per un po’ di ingiusta gelosia verso le specializzazioni più all’avanguardia. D’altra parte i giornali locali seguivano già allora con molta attenzione le notizie sanitarie. Facevamo, nostro malgrado, “notizia”. Che non ci favoriva. 

Il martedi 31 marzo 1992 (se non ricordo male) arrivando in Ospedale non mi sarei mai aspettato di dover poi vivere delle giornate intense e “di fila”, sì di fila, senza mollare mai l’Ospedale…. infatti a metà mattina un’Ambulanza mi porta un giovane di 14 anni, Giulio (nome di fantasia ovviamente), da P. un paese del circondario, in coma, “svenuto” in classe tra i compagni…. anche mio figlio primogenito allora aveva proprio 14 anni, pensate a cosa può passare per la testa a un padre medico… le manovre di rianimazione ci permettono subito almeno una stabilizzazione dei parametri “vitali” ma con necessità di supporto respiratorio, infusionale, monitoraggio e soprattutto diagnostico… che si rivela presto infausto… emorragia cerebrale (TAC) da probabile malformazione congenita… abbiamo cercato tutte le possibili cause, esami di tutti i tipi sangue urine cuore …. il problema era una devastazione cerebrale da massiva emorragia… avevo lavorato per molto tempo anche in Neurochirurgia a Padova, ho trasmesso subito i dati le immagini e la situazione clinica ma dai Colleghi è ovviamente stata dato giudizio di inoperabilità, ma ho insistito per una visita di Consulenza, è venuto anche da Padova il caro Prof. Scanarini, col quale avevamo fatto tante operazioni e anche diverse ricerche scientifiche… nulla, inoperabile…. diciamo che verso sera del mercoledì 1 Aprile il nostro Giulio, 14 anni, è stato inserito con una sigla nel famoso fax dal Rianimatore di turno come probabile (da confermare ovviamente) morte cerebrale con possibile donazione di organi. 

La parte più brutta nel frattempo era toccata a me, solo a me, e tutti i Colleghi me la lasciavano volentieri: parlare con i familiari.
L’avevo vista arrivare in Sala d’aspetto, la Mamma; la signorina Carmela, donna di dolcezza unica, che era la nostra Caposala, la confortava da tempo. Per alcuni flash informativi alla Mamma avevo già parlato in diverse riprese, di corsa. Ma quella diagnosi, infausta, per un giovane della stessa età di mio figlio… dataLe con gli occhi umidi e sincera compartecipazione NO non era giusto! Ma dovevo. Gliel’ho detto: nulla da fare di utile per “Giulio”. 

Le ho detto tutto a cuore aperto, Le ho spiegato della inoperabilità, io – che ero uno che ci provava sempre – dovevo arrendermi alle evidenze, ho pregato che accettasse gli eventi. L’ho mandata a casa a parlare al suo Uomo, un marito che era tutto lavoro e casa, perchè gli spiegasse tutto. E Le ho detto che sarei rimasto giorno e notte anche quel giorno accanto al Suo Giulio. Tutti i giorni necessari. 

Mi ha guardato allora fisso con i suoi occhi, grandi, scuri, pieni di dolore e chiusa nella sofferenza, pensava al marito… il volto già solcato di rughe, ma dolce e contornato di capelli medio lunghi ancora belli neri pur se non più ben pettinati, con respiro profondo e invece di dire qualcosa… ha allungato la sua mano destra sul mio volto accarezzando la mia guancia sinistra ritraendosi di colpo e girandosi verso Carmela come dire “ora vado via ma torno”. Io sarò qui, ho ribadito. Ma Lei non ha parlato se non con lo sguardo. 

Nel frattempo anche l’insegnate era arrivata a chiedere del suo alunno… anche per Lei era un figlio, un bravo ragazzo…. si era mosso tutta la solidarietà di un paese, il più lontano della zona… ho detto che poteva pure chiamarmi al telefono il loro Parroco…. avrei seguito Giulio come un padre. Ero lì.
Le ore correvano, come i giorni, ma non me ne accorgevo; avevo sempre in mente quegli occhi di Mamma, chiusi nel dolore ma scuri e dolci nelle espressioni non verbali, pensavo a come aveva potuto comunicare al marito le notizie assolutamente non buone, a come avrebbe gestito la situazione. Soprattutto dopo il primo momento. 

E’ tornata poi, presto, ogni mattina, non col marito ma con l’altro figlio, più grande. Me lo ha presentato. Ma le notizie cliniche continuavano ad essere negative e confermavano la diagnosi. Neurologi, Neurochirurgo. Ecografie addome, fegato, reni…. rx del torace, funzioni polmonari…
Calata un’altra sera, sono sempre lì, casa e famiglia solo al telefono, mi sento inutile di fronte a tanti eventi…. squilla ancora il telefono nel mio studio, ma è Milano, è il Nord Italia Transplant, voci di conosciuti Colleghi che mi investono subito…. c’è una emergenza europea da Amburgo, EuroTransplant segnala ricerca immediata di un cuore sano per un ragazzo di una Cardiochirurgia europea, dal gruppo sanguigno raro…. hanno visto la sigla riferita al “nostro” (che io ho chiamato “Giulio”) e mi chiedono (sempre nell’anonimato assoluto reciproco) conferme di diagnosi, di esami e gruppo…. tutto combacia…. poteve essere la salvezza di quel piccolo lontano ragazzo dal gruppo raro… Appuntamenti telefonici a seguire…. controlli specifici da fare. Tutto l’Ospedale era meravigliosamente per “Giulio”, tutti collaboravano. Ospedale ormai senza confini. 

Ho passato la notte a fare controlli e a pensare come procedere… sarei stato aiutato ma avrei dovuto essere uno e trino per controllare ogni procedura sia di Legge che scientifica, protocolli e soprattutto organizzazione che non era mai stata messa lì in atto. Ho rispolverato carte, Leggi, regolamenti, preparato numeri di telefono di Prefettura, Aeroporto Venezia, Comandante Carabinieri di Camposampiero M.llo Villani (lo ricordo bene), Procura (dott Calogero), informative x Direzione Sanitaria (al dott Cosci da Padova erano per fortuna giunte rassicurazioni: Alati sa cosa fare)….. tutto per essere comunque pronto…. e da Milano mi hanno poi anche detto: “devi provvedere bene ai tempi e metodi, il cuore va ben lontano”…. ecco: l’elicottero! Quello per i “nostri” malati.
L’essere al servizio del malato significa pensare a tutti i malati, non solo a quelli che lo Stato ci ha localmente affidato, ma a tutti quelli che potrebbero dal nostro lavoro e di tutti i Colleghi averne beneficio. Dare un servizio, sempre, comunque. Vivevamo nella Sanità infatti un momento magico, ove il fare bene cose nuove poteva produrre risultati sino allora solo sperati. La Medicina dell’azione, mossa dalla ricerca e dalle nuove esperienze. Soprattutto dall’entusiasmo dei nuovi traguardi possibili concreti. Cui peraltro eravamo già preparati e per questo erano stati fatti dal Ministero tanti investimenti in formazione.
Al mattino del giovedì ho atteso con ansia la donna dagli occhi profondi, decisi, pieni di dolore ma con una espressione dolce. Le ho allora parlato a cuore aperto, Le ho spiegato tutto come papà, come medico, come uomo che comprendeva il dolore e la sofferenza di due mamme, anche l’altra, quella lontana (al momento non sapevo di dove), Le ho spiegato che da una vita spezzata si poteva dare vita…. ho parlato anche della coincidenza del gruppo sanguigno abbastanza raro. Lei ha capito con quella rara profonda saggezza delle nostre donne che sanno affrontare ogni asperità… avrebbe spiegato Lei a suo marito, ma acconsentiva. Decisa. E mi ha dato ancora una carezza consolatoria. Che mi ha spronato… avrei avuto davanti altre ore, tante, di lavoro e responsabilità assoluta e trasparente. Ore per l’osservazione e controlli medico-legali – Avevo poi la notte per agire, l’alba x i trasporti aerei. Volare… il 2 aprile ricorda S.Francesco di Paola, quello che ha volato sull’acqua col Suo mantello dello stretto di Messina… un ottimo segno.
Lo sguardo, non posso più dimenticare quegli occhi umidi, quello scrutarmi dentro sino a commozione, quella decisione positiva nel lampo di luce calda, che mi ha lasciato scolpito un ricordo indelebile. Una spinta indicibile.
Duro spiegare che oltre a cuore probabilmente avrebbe donato fegato reni polmoni e magari tessuti… però Le ho assicurato che prima avrei fatto un esame in più, non previsto dai protocolli ma che avrebbe tranquillizzato Lei, me e tutti: lo studio del circolo cerebrale con una angiografia. Che ho fatto. Con esito che ha ovviamente confermato: assenza di circolo cerebrale.
Il resto è storia, routine oramai, non per me con l’équipe di Camposampiero che allora per la prima volta localmente ha generosamente e in toto collaborato, ben oltre “l’orario di servizio”, per consentire che da un 

episodio di dolore e inutile morte ne derivasse vita, speranza, salvezza per altri esseri umani… inizio di episodi poi che sono diventati “normali”.
La cosa ovviamente, come si sapeva, ha “fatto notizia”, ha scatenato anche poi le solite attese piccole sottili gelosie e invidie, però ha segnato la strada della generosa “donazione” a nord di Padova senza la quale la medicina dei trapianti non avrebbe potuto dare alla gente speranze concrete.
E poi? La mamma di “Giulio” mi ha poi affidato l’altro figlio per accertamenti… ha visto volare alto l’elicottero che portava il cuore del suo “Giulio” lontano, assieme ai Chirurghi, e ha avuto come ricordo l’originale del fax qui in fotografia: ha salvato un coetaneo di Berlino, realizzando un legame di generosità e amicizia e soprattutto donato la VITA a un ragazzo d’Europa. Lontano ma vicino al cuore ferito di Mamma”.