Intervista Esclusiva: Damiano Longhi, non solo il capitano storico del Calcio Padova che noi tutti conosciamo, ma anche cittadino di Selvazzano Dentro

Non ho potuto lasciarmi scappare la possibilità di intervistare in via esclusiva Damiano Longhi visto il suo importante trascorso da capitano del Calcio Padova ai tempi della serie A.

Damiano si è dimostrato molto disponibile e ha confermato di essere una persona molto cortese e umana.

 

Hai avuto una lunga carriera da giocatore, nato a Faenza e vissuto a Ravenna, hai mosso i pimi passi “importanti” al Modena fino alla tua consacrazione al Padova – se si escude una picccola parentesi al Pescara. Cosa ricordi in modo particolare di quegli anni?

 

A quindici anni, terminati gli studi e iniziata la professione di pasticcere, di notte lavoravo in laboratorio di pasticceria e di giorno prendevo il treno per raggiungere a trenta chilometri di distanza Russi, squadra con la quale mi allenavo. A fine anno sono andato a fare un provino con il Bologna e con il Modena. Nel 1982 iniziava così la “carriera” vera e propria da giocatore anche grazie alla concessione dei miei genitori – li ringrazierò per tutta la vita – che mi lasciarono partire in questa nuova ed inedita avventura.

A Modena ci sono rimasto per ben cinque anni, i primi due come settore giovanile, gli altri tre a livello professionistico in prima squadra con il mio esordio nel 1985.

Arriva poi il Padova nel 1987, a parte una stagione in prestito al Pescara.

In realtà del Padova e della città mi ero già innamorato sin dal 1985 quando ho avuto l’onore di giocare contro i biancoscudati al mitico stadio Appiani. È stato amore a prima vista, mi è rimasto così impresso nonostante la sconfitta di 4 a 0. Uno stadio decisamente differente rispetto ad altri che avevo visitato in precedenza.

Col Padova sono riuscito a coronare il mio sogno in assoluto, quello di esordire in serie A. E dopo qualche stagione da quinto e/o sesto posto in classifica nonostante le varie occasioni di trasferimento – alle quali non ho ceduto – sono felice di aver raggiunto questo risultato proprio con il Padova nonostante l’attesa di sei anni.

 

Ad un certo punto hai ottenuto la fascia di capitano. Eri cosciente della grossa responsabilità che ti era stata attribuita?

 

Fino ad allora il capitano del Padova era Claudio Ottoni, ma durante Venezia-Padova ha rimediato la rottura della tibia e perone. Da quel momento sono diventato ufficialmente e conseguentemente capitano e lo stesso anno abbiamo vinto lo spareggio a Cremona che ci ha portati in serie A.

Oltre ad una grossa responsabilità posso dire di aver avuto una grandissima soddisfazione dopo anni di fedeltà e costanza al club che, a sua volta ed insieme alla bella squadra che si era creata negli anni, ci ha regalato la serie A.

Con la conquista della serie A sentivo di aver raggiunto il massimo della mia aspettativa, a maggior ragione indossando la maglia del Padova e la fascia di capitano.

 

Hai poi avuto una piccola esperienza in Spagna all’Hercules, non ti sei fatto mancare nulla… persino il “miracolo” nel piccolo borgo di Castel di Sangro

 

Parto prima col parlare del Castel di Sangro, perché c’è un aneddoto molto interessante.

Erano circa due anni che non giocavo a Padova e la prima partita di campionato con il Castel di Sangro indicata nel calendario era proprio la sfida contro il mio Calcio Padova all’Euganeo.

In quella occasione abbiamo vinto noi 1 a 0 (il Castel di Sangro n.d.r.) ed è stata la prima ed unica volta che ho giocato a Padova contro il Padova.

Lo storico capitano del Castel di Sangro Alberti, per l’occasione speciale, mi cedette la fascia di capitano. Sono sceso in campo tra gli applausi del pubblico di Padova nonostante la differente casacca. Questo ha significato molto per me perché ero e sono rimasto nel cuore anche dopo aver lasciato la società patavina.

Per quanto riguarda l’esperienza all’Hercules, ho un altro aneddoto al quale tengo: sono stato il primo italiano ad aver giocato in Spagna… non è mica poco.

Nella mia carriera da calciatore ho cercato sempre di fare qualcosa che mi dovesse portare ad appassionarmi. Anche in Spagna sarei dovuto rimanere due anni – come per il Castel di Sangro – ma ho scelto, pur perdendo introiti economici, di approdare in altre realtà.

 

Negli anni è arrivato poi il ritorno al Calcio Padova come coordinatore delle gemellate e hai incontrato nuovamente il tuo collega Carlo Sabatini (oggi reponsabile del Settore Giovanile n.d.r.)

 

Il mio sogno era sempre rimasto quello di poter tornare “a casa mia” perché il Calcio Padova ha rappresentato una delle fasi più importanti della mia vita professionale. Padova mi ha adottato e sarò sempre molto riconoscente alla città ed ai padovani. Per diversi motivi in tutti questi anni non sono mai entrato in questa grande famiglia fino a questa recente occasione.

Ovviamente non ci ho pensato nemmeno due volte, perché il progetto portato avanti da Carlo Sabatini è serio e organizzato con professionalità e rispetto.

Posso dire di essere davvero tornato a casa, e ne sono davvero felice.

 

Sei residente a Selvazzano Dentro. Cosa apprezzi in modo particolare di questa città? E quali consigli dai, a livello sportivo, per poter progredire ancora di più?

 

Sono residente a Selvazzano Dentro da vent’anni, quindi conosco decisamente bene il territorio ed il Comune.  È una città in continua espansione in tutti i sensi, una cosa molto apprezzabile perché rimane sempre e comunque sul pezzo.

A livello sportivo Selvazzano Dentro offre una vastissima scelta di discipline, una cosa che non tutti i comuni del padovano possono dire di avere.

Dal mio punto di vista, e proprio per il fatto che tutto è sempre e comunque migliorabile, auspico ad una costante e continua progressione dell’offerta sportiva proposta nel territorio e per i giovani che lo vivono giornalmente.

L’organizzazione è dunque fondamentale per evitare che molti giovani e meno giovani debbano optare per altre scelte al di fuori del Comune di Selvazzano.

Gli impianti sono bellissimi e offrono molte possibilità di applicazione, bisogna sempre portare opportunità fresche ed interessanti.

Le basi sono importanti, le prospettive ci auguriamo possano essere altrettanto allettanti ed interessanti.

 

Grazie Damiano per il tempo che mi hai dedicato, spero di rivederti presto tra le pagine del nostro giornale.

 

Grazie a te Matteo, in bocca al lupo ed alla prossima

 

Matteo Venturini