L’economia del laterizio e delle fornaci dei primi del Novecento

Se pensiamo a Mandriola ci vengono subito in mente le fornaci e, dai nostri nonni, ci viene raccontato quanto era importante un tempo l’industria del laterizio.

Siamo però sfortunati perché gli archivi riguardanti le origini di questo business di inizio Novecento è davvero poco soddisfacente ed è assai difficile poter reperire dati.

Informazioni relative agli impieghi, alla paga corrisposta agli operai e agli orari di lavoro ci sono ignoti, quindi ci limitiamo ad analizzare le motivazioni per le quali si scelse di organizzare questo tipo di industria nel territorio di Mandriola.

La risposta è automatica: i terreni calcarei e argillosi favorivano enormemente l’avviare di un’industria di laterizi e la scelta di produrre mattoni, calce e tegole risultava vincente.

La natura del suolo era riscontrabile un po’ in tutto il territorio della Provincia di Padova, con maggior concentrazione nelle zone periferiche dove ancora l’urbanizzazione non aveva impedito la raccolta delle materie prime e, come ben sappiamo, favoriva comuni come Albignasego ancora ricchi di campagne e spazi sconfinati poco ottimizzati. La naturale conseguenza di questa enorme disponibilità di materiale grezzo – difficilmente riscontrabili in altri territori, province e regioni, fece sì che la richiesta di laterizi arrivasse a record storici, così ci furono grossi investimenti nella realizzazioni di fornaci destinate alla cottura di mattoni e similari.

Per citare alcuni numeri, secondo la “Statistica agraria della provincia di Padova e bonificazioni del 1867”, si potevano contare ben 27 fornaci distribuite in tutta la provincia patavina, numero poi salito a 69 negli ultimi anni del secolo per un totale di oltre mille persone impiegate in questa tipologia di industria.

Le grosse fabbriche nelle quali cucinavano mattoni e più generamente laterizi utilizzavano la lavorazione a fuoco intermittente, una tecnica che per quegli anni rispecchiava la quasi totalità delle fornaci.

Un primato fu proprio la costruzione della prima fornace a Mandriola di Albignasego, ad opera della ditta Voltan & C. con un sistema decisamente futuristico e all’avanguardia rispetto alle molte industrie distribuite nella provincia; correva l’anno 1872 e venne utilizzato il forno Hoffman che prevedeva il sistema di cottura a fuoco continuo.

Solo la ditta sopracitata, che prese poi un anno dopo il nome “Voltan Rocchetti & C.”, produceva annualmente oltre 8 milioni di mattoni, 60 mila tegole, 50 mila mattonelle ed altri 800 mila pezzi di ordinazioni con una dotazione complessiva di due fornaci nelle quali lavoravano 182 operai per 360 giorni annui.

Proprio queste due fornaci erano, in assoluto, le più apprezzate e importanti del territorio provinciale, sia per produzione annua, sia per numero di operai impiegati.

Fino al 1883 la Voltan Rocchetti & C. fu guidata dall’ingegner Giacomo Magarotto, dall’ingegner Augusto Farifat,  da don Luigi Voltan e dall’ingegner Paolo Rocchetti, anno in cui la società si sciolse e vide il proseguo di una nuova entità societaria con il medesimo nome per mantenere la tradizione ultradecennale con la differenza che questa volta era guidata dai soci accomandatari don Luigi Voltan e dall’ingegner Paolo Rocchetti questa volta accompagnati dall’ingegner Cesare Cassis e dai soci accomandanti l’ingegner Giacomo Magarotto, l’ingegner Augusto Farifat, la nuova entrata dell’ingegner Vincenzo Stefano Breda e soprattutto la Società Veneta per imprese e costruzioni pubbliche (rappresentata da Eugenio Forti, dal Cav. Andrea Sacchetto e dagli ingegneri Carlo Serafini, Ernesto e Luigi Brunetta).

Dopo l’avvicendarsi di nuove ragioni sociali e la fuoriuscita di alcuni dei soci (compresa la Società Veneta per le imprese e construzioni pubbliche n.d.r.), continuò l’attività la famiglia Cassis – con l’ingegner Cesare accompagnato dal fratello Giovanni, la sorella contessa Luisa con il marito Alessandro Re.

Questo fino alla fine della Prima Guerra Mondiale anno in cui l’industria risentì di una crisi generale che colpì in modo particolare le ben avviate fornaci di Mandriola.

Dopo una dichiarazione di liquidazione, nel 1919 l’attività passò in mano alla ditta Fratelli Perale di Venezia – per quanto riguarda la fornace di laterizi– ed alla “Società in accomandita semplice forno a calce di Mandriola” per il forno a calce, guidata dai già volti noti Alessandro Re, Cesare Cassis e dal nuovo ingresso di Antonio Venerio; quest’ultimo sodalizio durò giusto qualche tempo per poi essere acquisito dalla S.A.I.F.A. di Venezia.

Negli anni della Seconda Guerra Mondiale la ragione sociale cambiò nuovamente in “Società in nome collettivo Federico Perale e ing. Ettore Jogna” di Venezia e ridusse notevolmente l’apporto lavorativo degli operai che passò alle sole cinquanta unità operative.

L’ultimo passaggio di proprietà fu registrato nel 1947 quando l’azienda venne acquistata in toto dalla Fornace Valbrenta S.p.a. che garantì lavoro agli operai fino alla sua chiusura nel 1970.

Oggi è possibile scorgere, passando per la Strada Battaglia, entrambi i comignoli delle fornaci: la prima, arrivando da Padova è oggi parte integrante del centro commerciale Ipercity, mentre la seconda a qualche centinaio di metri più avanti ospita la sede operativa di Radio Cooperativa.

 

Albano Faggin